Nel corso di lavori di ristrutturazione
all'interno di una casa situata nei Terragli di via Romagnosi e
via Frate Gherardo, sono emerse, sotto vecchi strati di intonaco,
le tracce di una antica decorazione a fresco.
Si tratta di frammenti
molto lacunosi, riconducibili a finti tendaggi, festoni, targhe e
scudi pendenti, nastri, scritte e un fregio di lussureggiante
verzura con un tondo su cui spicca il volto di una giovane donna
ritratta di profilo a destra, un’immagine in parte mancante ma che
colpisce per la sua tenerezza e eleganza.
Un indizio importante per risalire
all'origine dei dipinti, databili verso la fine del Quattrocento, è
dato da uno stemma araldico, dipinto sulla parete ovest e ancora
perfettamente conservato.
Lo scudo, dalla forma mistilinea
tipicamente rinascimentale “a testa di cavallo” come la
definiscono gli esperti di araldica, è diviso in due campi di rosso
e di verde, troncati da una fascia orizzontale bianca: nella parte
superiore su fondo rosso si profila con andamento da destra a
sinistra un luccio e in quella inferiore, su fondo verde, lo
stesso animale è orientato in senso contrario.
Potrebbe trattarsi
dell’insegna della famiglia del committente dei dipinti. In
assenza di una più precisa documentazione araldica, il luccio come
animale simbolico farebbe pensare ad un ramo della nobile famiglia
comasca dei Lucini o Lucino, il cui stemma esibisce due lucci
allineati su campo azzurro.
Un Bartolomeo Lucino è in effetti
ricordato come podestà di Borgo nell’anno 1388. (G.Laurini,
“S.Donnino e la sua città”, 1924, p. 98).
Un’altra ipotesi
rimanda invece agli Olgiati, che hanno come emblema un luccio in
campo rosso.
A lato dello stemma nobiliare, una
tabella della stessa forma dello scudo, ma contornata da una cornice
con listelli annodati a giglio, è di difficile interpretazione,
per le estese parti mancanti e la complessità del soggetto
sviluppato: forse una mano che regge un’alabarda e una seconda mano
reggente uno stendardo.
Sulla parete opposta della sala, a filo
del fregio e in corrispondenza del tondo con il ritratto di dama,
compare un cartiglio con una scritta in caratteri romani, sorretto
da una mano con la figura assente.
La breve frase, di incerta
lettura, forse un motto araldico, può essere ricostruita in questi
termini : DICITE ET BENE FACITE (“Parlate e agite correttamente”
). Per il latinista Fausto Cremona si tratta di espressioni che
ricorrono, anche se disgiunte, nella letteratura classica e nelle
sacre scritture, in particolare nei Vangeli di Luca e Giovanni.
A Fidenza non si conoscono altre
pitture a carattere profano così antiche. Qualcosa di simile sembra
tuttavia riemergere dal passato, grazie ai rilievi eseguiti a metà
Ottocento da Angelo Riccardi all'interno della Posta Vecchia, un
antico edificio situato lungo l’attuale via Abate Zani e di cui
oggi rimane solo qualche traccia; da notare in particolare un
cartiglio svolazzante con la scritta e una palma stilizzata che, sia
pur vagamente, ricordano i dipinti tardo-quattrocenteschi.
Interessante è anche la descrizione che accompagna i disegni
conservati presso le raccolte del Museo del Duomo: “ La predetta
camera è stata guasta dal Tempo e per quanto si può scorgere essa
è tutta all'intorno cinta da una gran fascia di fiori e frutta,
groteschi ed arabeschi, in una parte di muro poi veggonsi tre figure
l’una delle quali è una donna e l’altre due non sono bene
distinte” (cfr.: Riccardi “Iscrizioni varie, ms. sec. XIX, in
“Borgo San Donnino 1802”, tav.31).
Ma torniamo ai nostri affreschi. Come
ci suggerisce l’ingegnere Savino Faroldi, cui va riconosciuto il
merito dell’eccezionale ritrovamento, il soggetto della
decorazione e le caratteristiche architettoniche della stanza
(3x13x3,90) con loggiato adiacente possono far pensare alla sala
di rappresentanza di una casa torre eretta a ridosso delle mura
medioevali.
Forse la dimora di un capitano delle milizie preposte
alla vigilanza e alla difesa della cinta muraria di Borgo San
Donnino. Da altre tracce di colore, con motivi geometrici (rombi,
rettangoli e tondi come quelli affiorati recentemente in Duomo presso
l’altare del Consorzio, fine XV–inizi XVI sec.) non è da
escludere, sempre secondo Faroldi, l’esistenza di decorazioni
affrescate anche sulla antica facciata esterna.
Nel 1575 c. con la costruzione delle
nuova mura farnesiane, l’area già occupata dai terrapieni e dalle
mura medioevali venne riutilizzata per nuovi insediamenti
abitativi, come evidenziano le mappe dell’epoca (G.Pederzani, 1986
).
Terragli verso la Chiesa di San Pietro |
A questa seconda fase edilizia risale la caratteristica
conformazione a schiera dei terragli o traj, che, come attestano
le carte catastali, hanno conservato quasi intatto l’ impianto
originario a lotto gotico, inglobando inoltre parte degli edifici
preesistenti e, molto probabilmente, anche alcuni tratti delle
vecchie mura.
Il ritrovamento delle preziose pitture
tardo-quattrocentesche, per ora genericamente riferibili all'ambito
padano-lombardo, restituisce a Fidenza non solo una rara
testimonianza artistica ma anche un inedito frammento della storia
urbana di Borgo San Donnino, tra Medioevo e Rinascimento.
Prof. Guglielmo (Mino) Ponzi
Articolo pubblicato da "il Risveglio" N. 13 del 3 aprile 2015
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